Gaza Covid19 : Togliere il blocco su Gaza per salvare i suoi abitanti

 
Palestinian workers manufacture protective coverall suits and maks at a workshop in Gaza City on March 30, 2020 amid coronavirus COVID-19 pandemic. MAHMUD HAMS / AFP

Togliere il blocco su Gaza per salvare i suoi abitanti




“L’emergenza Covid-19 a Gaza deve farci riflettere, perché mostra quanto sono vulnerabili i due milioni di palestinesi che ci vivono.  

Gaza Strip, on March 29, 2020

Forse, oggi più che mai, Israele deve assumersi la responsabilità della loro salute”, scrive in un tweet Robert Malley dell’International crisis group, presentando l’ultimo rapporto dell’ong sulla Striscia. Il documento esamina il possibile impatto del nuovo coronavirus nel territorio di 365 chilometri quadrati dove sono disponibili appena 2.500 posti letto.

Il blocco a cui sono sottoposti gli abitanti di Gaza non è per nulla paragonabile alle misure di quarantena adottate per proteggere dal contagio gli abitanti dei paesi occidentali, ha osservato di recente la scrittrice palestinese Mariam Barghouti: la chiusura della Striscia imposta dai militari israeliani non è una misura che serve a garantire la sicurezza dei suoi abitanti. Nel 2014, le Nazioni Unite avevano già avvertito che se non fosse cambiato nulla, Gaza sarebbe diventata inabitabile entro il 2020.
 La scoperta, una settimana fa, dei primi casi di coronavirus nel territorio fa temere quindi una catastrofe, in un territorio dove c’è una forte carenza idrica e di corrente elettrica .

A Gaza le due misure più diffuse per contrastare i contagi – il distanziamento sociale e il rafforzamento delle strutture sanitarie – sono impraticabili. La Striscia ha la maggiore densità abitativa al mondo, con più di cinquemila persone per metro quadrato e un sistema sanitario che manca di qualsiasi attrezzatura di base. Si contano secondo l’Onu, 60 ventilatori per 2 milioni di abitanti.
La pandemia richiede, secondo il medico palestinese canadese Tarek Loubani, la revoca immediata del blocco israeliano. Un giudizio condiviso dal gruppo israeliano per i diritti umani Gisha, secondo cui bisogna aprire la Striscia agli aiuti e permettere un minimo di ripresa economica, specialmente nell’agricoltura.

Fonte: Internazionale

Gerusalemme, 24 marzo 2020, Nena News

«La notizia che tanto temevano è arrivata, sapevamo che era solo questione di tempo».
È molto preoccupato il dottor Ahmad Mohanna, direttore dell’ospedale non governativo Al Awda. Gli chiediamo di descriverci il possibile scenario dopo l’annuncio dei primi due casi positivi registrati a Gaza: due palestinesi rientrati dal Pakistan e ora in quarantena.

«Ci stiamo impegnando tutti, non governativi, privati e ministero della salute, stiamo seguendo le istruzioni dell’Oms – ci risponde – comunque dobbiamo essere realisti, non saremo in grado di affrontare una possibile diffusione massiccia del coronavirus. In tutta Gaza abbiamo solo 48 terapie intensive, il ministero riuscirà ad arrivare a 70 ma in ogni caso non sono sufficienti per assistere un numero elevato di contagiati in condizioni gravi». A questo, prosegue Mohanna, «aggiungiamo la scarsità di medici e infermieri formati per affrontare un’emergenza di questo tipo». La situazione della sanità a Gaza, conclude, «è lo sbocco ovvio di 13 anni di assedio del nostro territorio e di tre guerre (israeliane) contro Gaza».
La volontà non manca così come la piena consapevolezza dei rischi per la popolazione. Sono state allestite due aree di quarantena a Rafah per prevenire i contagi di ritorno e altre 17 strutture simili nel resto di Gaza. Scarseggiano però i farmaci salvavita, le attrezzature, laboratori adeguati, kit per i tamponi, tute, guanti e mascherine per proteggere i medici. Non sarà facile mettere in piedi, in caso di necessità, in ospedali spesso fatiscenti, aree isolate dove curare gli ammalati. E non si può non ricordare quanto sia penalizzante per il sistema sanitario la cronica mancanza di energia elettrica sufficiente.
Il Qatar stanzierà 150 milioni per l’Onu a Gaza. 

«Immaginiamo due milioni di esseri umani che vivono in 365 kmq, circa 5400 per kmq, il luogo più densamente popolato del pianeta. Gli abitanti di Gaza sono confinati in una gabbia dalla quale non possono fuggire», spiega al manifesto il dottor Angelo Stefanini, ex direttore dell’Oms nei Territori occupati e volontario a Gaza per conto dell’ong Pcrf-Italia.
«Parliamo» aggiunge Stefanini «di una regione con un sistema sanitario al collasso a causa del blocco israeliano e di bombardamenti (durante le tre guerre) che hanno causato distruzioni enormi oltre a numero di morti e feriti che ha sovraccaricato la sanità, senza dimenticare le vittime della Grande Marcia del Ritorno. È impensabile che gli ospedali di Gaza possano reggere l’urto (della diffusione del contagio)».

Le autorità sanitarie hanno varato rigide misure di contenimento e alla popolazione è stato chiesto con forza di rimanere a casa. A Gaza però una buona fetta degli abitanti vive in situazioni di degrado e a stretto contatto, soprattutto nei campi profughi. L’acqua è un bene scarso e poco accessibile. E non pochi, dopo tre guerre, una casa dove stare isolati non ce l’hanno. 

Fonte : Nena News

Anonymous Mirror Zero


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